Compro un’auto nuova. Quando tutto è nuovo a chi viene da pensare ai PFU, gli pneumatici fuori uso? Ebbene, in realtà, comprare un’auto nuova significa assumersi da subito la responsabilità dello smaltimento degli pneumatici quando diventeranno rifiuti.
Se ancora non siete preparati sul argomento, accompagnatemi in un breve viaggio dove capiremo come contribuiamo allo smaltimento dei PFU, quali sono gli attori in gioco concludendo con un’occhiata rapida alla normativa che regola questa materia.
PFU: come funziona, gli attori in gioco e il contributo ambientale
Come abbiamo già detto, nel momento in cui decidiamo di acquistare un’auto nuova ci accolliamo – attraverso il pagamento di un contributo – la responsabilità dello smaltimento dei PFU. Il contributo, il cui ammontare è stabilito dai diversi consorzi nati per occuparsi operativamente della raccolta e dello smaltimento dei PFU, viene pagato al rivenditore di auto.
Supponiamo che, dopo un certo numero di chilometri, decidiate di cambiare le gomme dell’auto di cui sopra. Qui avete varie possibilità tra cui:
– rivolgervi ad un gommista
– rivolgervi ad un sito internet che tratta gomme
In entrambi i casi è al venditore (gommista o sito internet) che pagherete il nuovo contributo per gli pneumatici.
Ma chi deve dire che i vostri pneumatici sono giunti alla fine della loro vita? Nel momento in cui il gommista monta il vostro treno di gomme e decide di disfarsi dei vecchi pneumatici, dichiara questi dei PFU, rifiuti. A questo punto, dal punto di vista del Codice Ambientale, il gommista diventa produttore/detentore di rifiuti ed ha l’obbligo di avviarli allo smaltimento consegnandoli ai soggetti autorizzati.
Ma come faccio a sapere se tutti gli pneumatici divenuti PFU sono smaltiti? Qui, come vedremo tra poco, entra in gioco la responsabilità dei produttori/importatori di pneumatici che iniziano questo processo immettendo gli pneumatici nel mercato e garantiscono la sua corretta conclusione.
PFU: uno sguardo alla normativa
Ogni importante cambiamento necessita di tempo per essere digerito. Prova ne sono le discariche abusive di PFU ancora sparse sul territorio italiano, nonostante già nel 2006 il Codice dell’Ambiente con l’articolo 228 (d.lgs 152/2006) stabilisse la necessità di organizzare la gestione dei PFU per ottimizzarne il recupero, prevenirne la formazione (anche attraverso la ricostruzione) e proteggere l’ambiente.
Ma non solo le discariche abusive sono la prova della nostra resistenza al cambiamento. Si è dovuto aspettare qualche anno per il decreto attuativo della norma di cui sopra. E’ infatti solo a partire dal 7 settembre 2011 che – ed ecco la risposta alla domanda posta sopra – i produttori e gli importatori di pneumatici hanno l’obbligo di gestire una quantità di PFU pari a quella degli pneumatici nuovi che hanno immesso sul mercato nell’anno precedente.
PFU: la fase transitoria e l’importanza del riciclo
Ogni anno vengono immessi sul mercato circa 30 milioni di pneumatici per autovetture, 2 milioni per autocarro, 3 milioni per mezzi a due ruote e 200.000 per mezzi industriali ed agricoli. Per permettere, dunque, a tutti gli attori in gioco di organizzarsi per rispettare gli obblighi imposti dalla normativa, è stata prevista una fase transitoria che prevede lo smaltimento di quote sempre crescenti di PFU:
– al 31 dicembre 2011 gestione di almeno il 25% del quantitativo immesso nel mercato nazionale nel 2010
– al 31 dicembre 2012 gestione di almeno l’80% del quantitativo immesso nel mercato nazionale nel 2011
– al 31 dicembre 2013 e per gli anni successivi gestione del 100% del quantitativo immesso nel mercato nazionale l’anno solare precedente.
Alla fine di quest’anno, avremo raggiunto il controllo della totalità dei PFU. Ma perché è così importante? Perché i PFU sono rifiuti molto inquinanti che possono, però, dare vita ad altro: dagli pneumatici ricostruiti, ai granulati che trovano vari impieghi – si pensi ai playground nei parchi dedicati ai bambini o alle barriere antirumore – fino alla produzione di energia. E non è poco, per un pianeta più pulito!